
La quotidianità di un cane si svolge all’interno di un territorio in cui si sente a suo agio, al sicuro.
Occuparsene per lui significa verificarne lo stato, ribadire i diritti che vi può esercitare, osservarne gli eventuali cambiamenti e analizzare le conseguenze di tali cambiamenti, mantenere gli equilibri nelle relazioni con conspecifici ed eterospecifici che a loro volta lo frequentano, prendendo atto dei punti critici e delle opportunità che presenta.
Ogni singola marcatura ha un suo costo, perchè per produrla è necessario cercare di raggiungere l’assetto emozionale più opportuno da comunicare a chi la incontrerà sul suo cammino.
Per vantare dei diritti su uno spazio, un cane deve utilizzarlo con frequenza, svolgervi le sue attività, proteggerlo dalle invasioni dei competitori, prendersene cura, sentirlo familiare e muovervisi con disinvoltura.
Un territorio troppo ampio e complesso, occupato regolarmente anche da competitori che potrebbero risultare eccessivamente impegnativi, può rivelarsi per un cane, soprattutto se non vi si muove in gruppo, uno scacco troppo grande, ed è questo un fattore di cui bisogna tener conto quando impostiamo le nostre uscite.
Col nostro avanzare gli indichiamo, quasi sempre inconsapevolmente, la dimensione del territorio che intendiamo gestire; ma un cane da solo, se non è particolarmente vocato all’esplorazione e alla scoperta di nuove opportunità, potrebbe sentirsi aggravato di un onere maggiore di quanto le sue potenzialità gli consentano.
Da qui, quindi, potrebbe derivare la frenesia con cui spesso si può notare il muoversi nello spazio di alcuni individui, la loro eccessiva eccitazione e la loro difficoltà a concentrarsi su attività funzionali e strutturate.
E’ importante dunque domandarci se l’incidere in avanti sia realmente una proposta del cane e non, invece, un’intenzione principalmente nostra, di cui egli, con la tendenza ad assecondare le decisioni del gruppo che spesso si riscontra in questa specie, finisce col farsi carico.